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Combattere l'ansia nell'età dell'incertezza

  • Dott.ssa Margherita Giordano
  • 3 ott 2016
  • Tempo di lettura: 2 min

“Sono un po’ in ansia». Non erano nemmeno le otto del mattino, quando Diana mi ha guardato incupita confessandomi la sua inquietudine. E si sa, che tutti abbiamo le nostre preoccupazioni, piccole o grandi che siano. Le sue erano quelle di una bambina di sei anni e mezzo che si apprestava ad affrontare il primo giorno della seconda elementare. Nulla di serio, all’apparenza, ma l’espressione che ha usato mi ha dato da pensare. Perché un certo grado di ansia, in fin dei conti, accompagna ogni passo della nostra vita. E il più delle volte è uno stimolo per superare gli ostacoli che ci si parano dinanzi. Se tutto va secondo copione, sarà il caso di Diana. Perché dipenderà da lei, e dall’impegno che ci metterà per affrontare il cammino che la aspetta. Ci sono ansie, invece, dalle quali non sembra che possiamo metterci al riparo. Dalla minaccia del terrorismo a scala globale alla crisi economica, dalla crescente difficoltà per i giovani di trovare un’occupazione al diffuso disagio per una società in rapido mutamento, attraversiamo un’epoca caratterizzata da una sorta di ansia collettiva che finisce per compromettere la nostra capacità, sia come individui sia come comunità, di immaginare un futuro di prosperità e di serenità. Ma l’ansia – racconta Joseph LeDoux, uno dei massimi esperti di questa emozione, nel servizio di copertina di questo numero – «è una normale parte della vita. Un prezzo che dobbiamo pagare al fatto di avere una coscienza […] di noi stessi e della nostra storia. […] È il costo dell’avere un cervello che può immaginare il futuro, un cervello capace di ipotizzare che cosa può accadere e accaderci». Poi, naturalmente, ci sono casi in cui l’ansia diventa disfunzionale, e finisce per interferire con la nostra quotidianità, compromettendo la nostra capacità di valutare i rischi reali a cui andiamo incontro e peggiorando la qualità della nostra vita. Ma quando si supera il livello di guardia? Nelle faccende personali, come per esempio l’apprensione nei confronti dei figli, la misura è soggettiva, ci dice ancora LeDoux. Ma quando il nostro rendimento sul lavoro, o il nostro comportamento con familiari e amici, è compromesso, l’ansia diventa il sentimento prevalente. E a volte è necessario ricorrere al supporto psicoterapeutico, quando non addirittura ai farmaci. Però, prima di correre ai ripari, si può provare a tenerla a bada affrontando le situazioni che ci mettono a disagio. La buona notizia, infatti, è che si può imparare a conviverci, con l’ansia. A esorcizzarla, in una certa misura, perché «il cervello è adattabile, può imparare a non essere in ansia».


 
 
 

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