Le prime paure dei bambini: quali sono le più diffuse e come elaborarle
- Dott.ssa Margherita Giordano
- 12 mag 2016
- Tempo di lettura: 8 min
Le paure dei bambini sono potenzialmente infinite e dipendono in larga misura dalla storia individuale: esistono tuttavia una serie di paure che possono essere considerate tipiche dell’età evolutiva: quella della separazione, del buio, della morte, dell’abbandono, dei serpenti, dei fantasmi, dei mostri, del dottore, ecc.
Le paure dei bambini: la funzione autoprotettiva della paura
La paura è un’emozione primaria, ha una funzione autoprotettiva utile alla crescita del bambino in quanto riesce ad attivare alcune reazioni che servono a difenderlo dai potenziali pericoli provenienti dall’ambiente esterno. La paura è importante perché ci aiuta a rispondere nelle varie circostanze e ad agire rapidamente in situazioni di pericolo, questa emozione ci esorta a stare all’erta e a far tesoro delle precedenti esperienze mobilitando le forze che ci spingono alla difesa o alla fuga, quindi, in quanto reazione difensiva salvaguarda la vita e contribuisce allo sviluppo umano e alla crescita personale. Esiste un’idea generale piuttosto diffusa riguardo la paura che la vede come un qualcosa da evitare o scansare. In realtà affrontare ed abbracciare le nostre paure, è l’ unico modo per controllarle.
Da dove nascono le paure dei bambini?
Talvolta le paure hanno origine nell’infanzia ma possono cambiare, trasformarsi oppure essere superate. Attenzione però alla differenza tra paura e ansia. L’ansia è sostanzialmente una forma di paura, è una sensazione di allarme, sembra quasi il protrarsi di un disagio emotivo che ci mantiene in all’erta contro i presunti pericoli del mondo; l’ansia è caratterizzata dalla previsione di una minaccia, come se l’oggetto della paura fosse l’anticipazione del pericolo. Mentre si prova paura davanti a uno stimolo reale o una minaccia esterna ben identificabile, l’ansia è una sorta di attesa di qualcosa di indefinito e spiacevole, irrequietezza psichica difficile da identificare con precisione (Galassi, Pratesi Telesio, Cavalieri, 2008).
Possiamo cosi affermare che le diverse paure dei bambini, nel corso della loro crescita, sono potenzialmente infinite e dipendono in larga misura dalla storia individuale: esistono tuttavia una serie di paure che possono essere considerate tipiche dell’età evolutiva (Quadrio Aristarchi, Puggelli, 2006): quella della separazione, del buio, della morte, dell’abbandono, dei serpenti, dei fantasmi, dei mostri, del dottore, ecc.
Talvolta alcune di esse sorgono quando il bambino tende ad immedesimarsi nelle preoccupazioni e nelle paure dei genitori. Di fronte alla visione di un fatto che può generare paura, è molto importante la reazione degli stessi genitori: i bambini percepiscono ciò che gli adulti provano e attraverso il cosiddetto contagio emotivo sono in grado di regolare la loro reazione emozionale sulla base della reazione dell’adulto di riferimento. In altre parole, se i genitori si spaventano, il bambino sarà molto più spaventato perchè impara e rinforza che quello stimolo è realmente pericoloso; se i genitori al contrario minimizzano quanto accaduto lo aiutano a inquadrare il fatto nella giusta prospettiva (Quadrio Aristarchi, Puggelli, 2006).
Le tipiche paure dei bambini nelle diverse età Le tipiche paure dei bambini rappresentano, cosi, una tappa naturale del loro sviluppo, non necessariamente è causata da traumi o da un’ errata educazione, possiamo quindi affermare come essa siano uno stadio naturale della crescita. E’ comunque rilevante ricordare che le paure dei bambini si estinguono con maggior probabilità quando vengono manifestate apertamente e non quando vengono nascoste o temute in quanto potrebbero acutizzarsi e diventare poi un disagio.
La tipica paura dei bambini intorno al primo anno di vita è sicuramente quella dell’estraneo in quanto il bambino inizia a differenziarsi dall’altro, riesce a distinguere le figure parentali o quelle di riferimento rispetto agli sconosciuti. Questa paura si manifesta in diversi modi: abbassando gli occhi, attaccandosi fisicamente al genitore, nascondendosi, con pianti, con silenzi, tutto dipende dall’ indole del bambino e dalla sua abitudine nell’incontrare volti nuovi o dalla fatica nel socializzare. In questi momenti è importante che il genitore non obblighi il bambino ad interagire con lo sconosciuto ma è preferibile che gli stia vicino, che accolga la sua paura e che si rivolga a lui in maniera pacata, calma e serena. In questo modo il bambino imparerà ad affrontare le sue prime paure in maniera adeguata e a non fuggire.
In questa fase critica il bambino ha bisogno di trovare nei loro genitori una base sicura, la sensazione di sentirsi protetto per potere acquisire fiducia in se stesso verso gli altri e verso il mondo (Bowlby, 1989). Nei momenti di paura è importante che l’infante avverti la vicinanza dei genitori, quando è in preda a questo tipo di emozione il sentirsi protetto fisicamente in un abbraccio è una sensazione piacevole che lo accompagnerà anche da adulto.
Quando le parole non bastano il linguaggio del corpo diventa più importante che mai e così il calore, la sicurezza, il sostegno e l’appoggio diventano strumenti essenziali per affrontare le paure dei bambini. Per Bowlby prendere in braccio il proprio piccolo che piange è la risposta più adeguata, da parte della madre di fronte un segnale di disagio del bambino.
Tra il primo e il secondo anno di vita la principale paura dei bambini è quella legata alla separazione dai genitori e ad una loro possibile perdita. Quando il bambino avrà avuto modo di abituarsi alla minaccia della solitudine ecco che dalla sua mente scaturiscono nuovi pericoli e nuove paure.
L’angoscia di separazione, normale fase di sviluppo sia intellettivo che sociale, si manifesta perché il bambino, non avendo ancora acquisito ed introiettato la costanza dell’oggetto, non riesce a realizzare che se la figura di accudimento si allontana non sparisce ma ritorna. Questa assenza, anche se breve, provoca una forte angoscia nel bambino, che fatica a tollerare la frustrazione e mostra questa emozione con un pianto quasi inconsolabile, accompagnato da una nota di collera. In questi momenti sarebbe utile evitare, per esempio, quelle frasi killer che caricano eccessivamente il bambino di responsabilità: “dai, non fare il bimbo piccolo!” oppure “che vergogna a questa età, ormai sei grande, devi comportarti da ometto (o signorina)”. Questi enunciati possono creare ansia e dar luogo a paure ed insicurezze (Crotti, Magni 2002)
Secondo Bowlby e i vari studiosi dell’attaccamento, è importante costruire una base sicura per affrontare al meglio le paure del piccolo. Mamma e papà rappresentano un ruolo importante in questa fase, perché attraverso il loro atteggiamento e comportamento possono trasmettere al bambino quella fiducia e quella sicurezza di cui necessita per affrontare il distacco e la separazione.
Altre paure dei bambini invece vengono trasmesse dall’ambiente circostante o dalla cultura di appartenenza come ad esempio, quelle dei temporali, dei lupi, dei ladri, del fuoco etc. Pensiamo ad esempio al ruolo dei mass media nella trasmissione delle Paure e proviamo ad osservare ciò che avviene: i mezzi di comunicazione come radio o televisione, sono onnipresenti e accessibili anche ai bambini che ancora non sanno leggere la realtà. Nei notiziari, ad esempio, vengono riportati fatti di cronaca, spesso violenti, che confondono i bambini privi di cognizione spaziale e li impauriscono perché si sentono minacciati e in pericolo ( Preuschoff, 1995).
Nella fruizione di contenuti forti, è fondamentale che i piccoli siano sempre affiancati dai genitori o da un adulto che aiuti la loro visione e ne faciliti la comprensione ( F.R. Puggelli, 2006).
Per meglio affrontare le paure dei bambini, Crotti e Magni (2002) suggeriscono ai genitori o agli educatori di fare molta attenzione ai messaggi che il bambino lancia, specie a quelli non verbali, cioè non espressi con parole: gesti, capricci, sintomi come l’insonnia o l’enuresi, i pianti prolungati o i piagnucolii, il dito i bocca, scarabocchi e i disegni.
Intorno al secondo o terzo anno di vita, i bambini hanno bisogno di essere aiutati ad affrontare altri tipi di paure, ansie o preoccupazioni. In questo periodo, molti bambini manifestano la paura del buio, può accadere che siano convinti che ci siano mostri in agguato negli armadi, sotto al letto o dietro le scale, a questa età oggetti e persone possono assumere improvvisamente l’aspetto di un mostro, i contorni dell’ombra possono dar luogo ad un volto lugubre (M.Sunderland 2004). Vivono il buio come assenza di punti di riferimento, paura per quello che è ignoto o sconosciuto.
Una bimba di venti mesi si trovò a strillare dallo spavento per aver visto una scarpa con la suola mezza staccata, quindici mesi dopo fu in grado di riferire alla madre con una voce tremolante: “Dove sono le tue scarpe rotte, mamma?”. Quest’ ultima rispose di averle buttate via al chè la bimba commentò: “Per fortuna! Avrebbero potuto mangiarmi da un momento all’altro” (Segal,1985, p.34)
Spesso, nasce così, la continua richiesta dei bambini di dormire assieme ai genitori. Buio come perdita di orientamento in quanto tutto appare diverso e il piccolo si sente solo e indifeso. In questa fase se un bambino si sente deriso la sua paura rimarrà o si acutizzerà anche se forse non oserà più parlarne. Spettri e mostri potrebbero rappresentare cattivi sentimenti del bambino. Talvolta quando provano rabbia o collera mascherano queste emozioni sotto altre forme di pericolo, è come se prendessero in prestito un oggetto o simbolo della quotidianità e facessero convergere in questi, le loro inquitanti sensazioni ed emozioni confuse, quindi, riconoscere, nominare, rappresentare una paura è dunque il risultato di un’ elaborazione di ciò che provano ( Argentieri e Carrano ,1994).
Un’altra paura dei bambini comune in questi anni è quella legata alla morte, il bambino non possiede ancora la nozione di morte irreversibile e universale, ciò che potrebbe farlo soffrire non è la morte in sé ma, ad esempio, la separazione dall’animale che amava o dal nonno a cui era affezionato. Può accadere che questi eventi legati alla morte generino stati di terrore nel bambino in quanto alcuni piccoli si sentono in colpa per l’accaduto o addirittura mettono il proprio comportamento in relazione alla morte. Una certa angoscia nei confronti di questa è normale, è quindi importante parlarne, ovviamente, nel caso di un lutto in famiglia è sempre difficile capire quanto sia opportuno proteggere i piccoli dal dolore e quanto invece mantenerli fuori dalla comunicazione familiare possa costituire un trauma sotterraneo ma non meno nocivo (Argentieri, Carrano 1994).
Potrebbe essere utile modulare l’informazione a secondo dell’età del piccolo e tenere sempre in considerazione il suo temperamento, lo stadio affettivo e intellettivo in cui si trova, probabilmente è meglio non mentire o negare ma essere quanto più sinceri perché i bambini respirano le emozioni dell’adulto.
Spesso il silenzio alimenta ancora di più le paure dei bambini in quanto lascia correre la fantasia del bambino e lo induce a crearsi una propria visione degli avvenimenti (Preuschoff, 1995).
Un’altra paura che si presenta intorno ai tre e quattro anni, e si manifesta nella fase di addormentamento, è legata ai sogni che fanno paura: molti bambini non vogliono addormentarsi per paura di sognare cose brutte; richiamano continuamente la presenza dei genitori perché hanno il terrore di perdere il controllo, di non avere sott’occhio certe situazioni. Questo potrebbe accadere perché in molti casi alcuni bambini hanno un rapporto creativo con le informazioni interiorizzate durante il giorno e potrebbero rielaborarle nel sogno sotto forma di incubo. Quando ci sono troppi stimoli in gioco e il bambino non è ancora in grado di prendere le distanze si manifesta ansia, inquietudine e paura diffusa.
Andando avanti con l’età, quattro o cinque anni circa, possono presentarsi altri tipi di paure dei bambini: nella maggior parte dei casi, quando un bambino deve affrontare la vita sociale o il confronto con i coetanei possono sorgere timori ed angosce che gli impediscono di uscire, di affrontare i loro piccoli amici o conoscenti. Potrebbero avere il timore di sentirsi sbagliati o giudicati, di non essere all’altezza dei loro coetanei. In questo periodo, nonostante il desiderio di autonomia egli è ancora dipendente dal caregiver. Ha costantemente bisogno di sicurezza e protezione. Le sue paure vertono inoltre sul timore di essere abbandonato dalle figure di riferimento, di non essere considerato, di perdere il loro affetto specie dopo rimproveri o punizioni.

Comments